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Post-tensione, la qualità è diventata grande

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Post-tensione, la qualità è diventata grande

Il primo pavimento posteso italiano ha toccato il traguardo dei dieci anni di esercizio, ma sembra sia stato posato ieri. è partito da questa “best practice” – per delineare un approccio al costruire che mette al centro la massima cura di tutti gli aspetti del processo realizzativo – un seminario organizzato a febbraio dall’Istituto Italiano per il Calcestruzzo.

La prima volta non si scorda mai. Soprattutto quando i risultati sono lì a testimoniare, esattamente dieci anni dopo, la bontà di “quella” scelta costruttiva. Stiamo parlando di pavimentazioni industriali in calcestruzzo armato realizzate con la tecnica della post-tensione, ovvero, ma ci ritorneremo più in profondità, senza giunti e, contestualmente, senza rischi di fessurazioni o imbarcamenti, i cui benefici sono stati ricordati nell’ambito di un seminario che l’Istituto Italiano per il Calcestruzzo ha organizzato presso la propria sede di Renate Brianza (Monza) lo scorso 19 febbraio, dal titolo: “Il primo pavimento posteso italiano compie 10 anni”. Nonché da un sottotitolo che ci porta nel vivo delle grandi questioni, tecniche ma anche economiche, dell’odierno costruire: “Puntare sulla qualità per superare la crisi”. La primogenitura di casa nostra, per dovere di cronaca, risale al 2005 e riguarda la realizzazione di circa 7mila metri quadrati di pavimento in post-tensione dei magazzini merci della Tenax, primaria azienda del settore recinzioni, geostintetici e geogriglie, a Viganò (Lecco) da parte di un pool di imprese coordinate dal “neonato” (2004) Istituto Italiano per il Calcestruzzo.

Un caso da manuale, su cui spenderemo qualche parola di più alla fine di questo articolo, che ha aperto la strada a molteplici applicazioni sancendo di fatto la trasformazione della tecnica della post-tensione da “sperimentazione” a “certezza” innovativa. Ma il seminario di Renate, organizzato dall’I.I.C. in collaborazione con Tekna Chem e Tenso Floor, non si è occupato soltanto di accendere i riflettori sulle “fondamenta” dell’industria contemporanea, ma ha anche scattato una fotografia su quello che è e che può ancora essere il risultato finale. Ovvero siti produttivi basati su pavimenti postesi monolitici che contribuiscono a supportare la fondazione di pareti in calcestruzzo armato sormontate da coperture in materiale leggero quale il legno lamellare. Una “fotografia” che può ricordare un’altra best practice in materia di pavimenti postesi curata esattamente otto anni dopo quella di Tenax: nel 2013 a Cunevo, Val di Non, Trento, a “casa” del Consorzio Melinda che porta sulle nostre tavole le omonime e notissime mele.

Un momento del seminario del 19 febbraio che ha fatto il punto sulla tecnica della posttensione.
Un momento del seminario del 19 febbraio che ha fatto il punto sulla tecnica della post-tensione.

 

IL METODO E GLI ATTORI

Il seminario del 19 febbraio, però, non è stato soltanto un’occasione per riepilogare le buone pratiche della tecnica degli ultimi due lustri, ma si è rivelato anche e soprattutto un momento di alta specializzazione e formazione per il settore, fondato su un approccio definito: quello della qualità. Sui singoli, specifici contenuti dei contributi proposti avremo modo di soffermarci in successive occasioni di comunicazione sulle pagine di COSTRUZIONI dedicate all’I.I.C. In questa sede riteniamo utile, piuttosto, concentrarci su quell’idea qualitativa che il “laboratorio” presieduto da Silvio Cocco coltiva praticamente dalla sua fondazione e che, proprio nei pavimenti postesi, ha conosciuto una sua esemplificazione significativa. Le date, del resto, ci aiutano a rendere più nitida questa prospettiva e a fare da cornice alle considerazioni che seguiranno.

L’Istituto nasce nel 2004 come ente indipendente senza scopo di lucro con l’obiettivo di creare un ponte tra ricerca, controlli e formazione nel campo del miglioramento dei calcestruzzi e, pertanto, del nostro panorama costruttivo complessivo. Un anno più tardi, nel 2005, viene realizzato, come abbiamo ricordato, il primo pavimento industriale posteso. Dopo due anni, la ricerca I.I.C. vede affiorare i suoi primi decisivi risultati: nasce Aeternum, il compound di additivi in grado di migliorare performance e durabilità delle strutture in calcestruzzo, le cui virtù vengono sempre più apprezzate sia in Italia sia all’estero in campo pubblico così come privato (tra le best pratice: importanti opere pubbliche in Algeria e la manutenzione straordinaria del canale Villoresi per l’Expo 2015).

Un caso costruttivo da manuale: lo stabilimento Melinda a Cunevo (Trento)
Un caso costruttivo da manuale: lo stabilimento Melinda a Cunevo (Trento)

Intanto, si intensifica l’attività formativa che conosce una tappa recente nell’inaugurazione dell’Aula “Quinto Cocco”, a Renate, a fine 2014 (è stata anche la sede del seminario del 19 febbraio). Infine, a gennaio 2015 prende avvio la produzione di malte speciali per restauri e ripristini di strutture in calcestruzzo presso la sede Tekna Chem, sempre a Renate, resa possibile grazie alla realizzazione di un impianto robotizzato di ultima generazione. Il “motore”, nonché filo conduttore, di questo percorso? Proprio quella cultura della qualità a cui accennavamo e che può essere descritta come sintesi di fattori quali ricerca, progetto, prodotto e, in ogni passaggio, controlli accurati. “Considero incongruente- nota Silvio Cocco, presidente I.I.C., con lui il vicepresidente Valeria Campioni – parlare di una ‘gamma’ della qualità, quasi fosse possibile distinguerne delle gradazioni. Dal mio punto di vista, si può invece parlare di ‘qualità’ o di ‘non-qualità’. Nel primo caso, tutta la filiera delle costruzioni deve essere concentrata e coordinata verso il perseguimento dell’obiettivo dell’opera realizzata a regola d’arte, un approccio che, tra l’altro, può rivelarsi come una decisiva risorsa anti-crisi. Purtroppo, però, e questo si vede per esempio nel degrado che accomuna diverse opere pubbliche, oggi la corsa al continuo ribasso conduce a una non-qualità, deleteria per tutti”.

Un tentativo di spezzare il circolo vizioso della “non qualità” è arrivato proprio dalle voci del seminario di Renate, che hanno documentato le singole tappe di un percorso la cui sommatoria conduce proprio verso l’obiettivo della qualità: il progetto (con l’intervento dell’ingegner Filiberto Finzi), la tecnica (ovvero la post-tensione come base di un nuovo processo costruttivo, ne ha parlato l’ingegner Fabrizio Doni), il prodotto (la dottoressa Valeria Campioni: “Quali calcestruzzi per opere evolute e durevoli”), la tecnologia (leggi: gli impianti di produzione e i benefici dell’impiego del mescolatore, ne ha parlato l’ingegner Marco Nicoziani).

Come accennato, ritorneremo a occuparci di questi aspetti su un prossimo numero di COSTRUZIONI.

Pavimento posteso in esecuzione nella nuova ala del complesso di Renate, sede I.I.C.
Pavimento posteso in esecuzione nella nuova ala del complesso di Renate, sede I.I.C.

 

POST-TENSIONE ESEMPLARE

Le basi del nostro sistema industriale, letteralmente intese, e insieme quelle del nostro accostarci al costruire, naturalmente opere sicure e che durino egregiamente nel tempo. Proprio la storia della post-tensione italiana, come già accennato, esemplifica bene questo schema. Varrà la pena ricordare, a questo punto, in cosa consiste e come si è evoluta la tecnica, per concludere con qualche parola in più sul caso da cui tutto ebbe origine, quello dello stabilimento lecchese della Tenax (A Renate c’era anche il suo dirigente Umberto Sirtori). Iniziamo col dire che oggi il know how per la posta di pavimenti in post-tensione è detenuto da Tenso Floor, azienda associata I.I.C., che li propone con il marchio Floortek. L’aspetto produttivo è invece curato da un’altra associata, Tekna Chem, e si traduce nell’impiego di calcestruzzi additivati con Aeternum, per esempio nella versione Pav o Cal, soluzioni con elevate resistenze e compressione, flessione e alle più alte classi di esposizione, nonché assolutamente impermeabili. L’attività specifica dell’Istituto Italiano per il Calce struzzo, infine, consiste nel coordinamento serrato tra le varie fasi di ricerca, sviluppo, progetto, produzione e soprattutto controlli, in laboratorio e cantiere (dal trasporto al getto). Qualche numero: Tenso Floor ha eseguito oltre 600mila m2 di pavimentazione in post-tensione in Italia e all’estero.

Tra gli ultimi lavori in corso: quelli di una nuova ala del polo di Renate che Costruzioni ha potuto visitare in anteprima. Ma passiamo alla tecnica, che, in sintesi, si basa sulla posa in opera di un sistema di cavi di tesatura di lunghezza corrispondente a quella del pavimento da gettare.

Le strutture verticali, come per esempio i pilastri, non rappresentano un problema per la posa dei cavi, la cui posizione precisa, così come il loro dimensionamento, avviene nel dettaglio. La tesatura viene realizzata progressivamente, per fasi successive, fino a rendere l’intera piastra solidale e costituire così un pavimento monolitico continuo, con planarità perfetta. Il risultato finale è una pavimentazione senza giunti e senza pericolo di fessurazione della lastra, imbarcamento e danneggiamenti da cicli di carico.

Dal punto di vista delle quantità, le normative antincendio prescrivono di non superare i 10mila metri quadrati di superficie, anche se la tecnica consente agevolmente pose molto più ampie. “Una perfetta planarità – nota ancora Silvio Cocco – garantisce anche uniformità di trasmissione in apparati tecnologicamente sempre più sofisticati, quindi un vantaggio squisitamente operativo e non solo manutentivo.

Anche in questo l’esperienza di Tenax, che ha optato per questa pavimentazione per un sito con una forte componente sensoristica, è stata anticipatrice”.

Ecco allora i casi dello stabilimento Melinda (2013) e, andando a ritroso, siti produttivi a Marcianise (Caserta, 2015), Pastorano (Caserta, 2014), Cassina de’ Pecchi (Milano, 2011), Paitone (Brescia, 2010), i due poli logistici di Carisio (Vercelli) e Oppeano (Verona), considerando entrambi quasi 180mila m2 di pavimento (2007), e molti altri. Tutti “figli” di quella prima esperienza del 2005, 7mila m2 ancora oggi impeccabili dopo dieci anni di esercizio. Allora l’azienda arrivava da un’esperienza negativa, in materia di pavimentazioni industriali, ed era alla ricerca di una soluzione che garantisse qualità e durabilità. Cercata, trovata. Senza ancora un precedente italiano, ma con alle spalle esperienze estere positive e un approccio di cultura tecnica solida e seria.

Un’immagine dell’intervento pioniere di Viganò (Lecco) del 2005.
Un’immagine dell’intervento pioniere di Viganò (Lecco) del 2005.

 

Fabrizio Apostolo
Costruzioni | Febbraio 2015

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