Il 13 gennaio abbiamo inaugurato l’Accademia del Calcestruzzo, una realtà formativa originata da un grande impegno economico e di lavoro. L’accademia è il frutto maturo di 20 anni dedicati alla formazione di base erogata dall’Istituto Italiano per il Calcestruzzo presso i vari istituti per geometri in Lombardia, Istituti che hanno con noi condiviso la necessità di far accedere gli studenti – attraverso il nostro percorso formativo sul calcestruzzo – al mondo del lavoro, non più un mero nozionismo scolastico, ma un vero e proprio contatto con la realtà del cantiere.
Le ultime vicissitudini del settore, vedasi il ponte diventato Morandi e simili, ci hanno convinto che, senza lasciare la scuola, vi era la necessità di ampliare ed estendere i corsi anche al di fuori della scuola superiore, per portarli fino all’Università e, perché no, interessare anche il mondo stesso del lavoro. Troppe posizioni lavorative sono vuote, oppure occupate abusivamente da chi non ha alcun titolo per farlo. La produzione del calcestruzzo è un’attività troppo lunga e tortuosa e in questo difficile percorso oggi, spesso, prosperano l’incompetenza, l’ingordigia, il facile guadagno. Tutt’al più, la presunzione di conoscere che poi di fatto diventa il nemico peggiore. A chi vuol investire milioni di euro in una centrale di betonaggio oggi si richiede solamente un certificato per l’impatto ambientale, non viene richiesto null’altro, saper produrre calcestruzzo è un optional, mai è stato preteso nulla di più.
Normative disattese
La normativa europea ci ha fornito tanti strumenti efficaci per produrre in qualità, ma tutti sono stati puntualmente disattesi, volutamente disattesi. La marcatura CE degli aggregati doveva essere la carta d’identità dell’aggregato stesso, ma è stata stravolta e utilizzata a proprio piacimento o, meglio, a propria convenienza di portafoglio. Oggi si tratta di un documento dimenticato, sia perché in pochi sanno di cosa si tratta, ma soprattutto a cosa serviva, a cosa sarebbe dovuta servire; non è stata abrogata, solo volutamente disattesa.
Anche la certificazione FPC non è mai stata attuata. Il motivo? Oltre il 90% degli impianti di produzione non era certificabile. Quindi? Quindi non si è concesso un determinato periodo per adeguare gli impianti e poi certificarli, si è preferito certificarli subito anche senza requisiti, con la promessa che i produttori si sarebbero dovuti adeguare entro un anno. Sono passati ben quattro anni, tutti gli impianti sono certificati, ma tutti sono rimasti come quattro anni fa, ovvero non adeguati a ottenere la certificazione… Capitolo controlli e relativi controllori: inesistenti. Sebbene anche in questo caso la certificazione FPC, se virtuosamente applicata, potrebbe fornire un impianto adeguato a effettuare un controllo di prodotto, serio e rapido, in stabilimento. Infine, anche l’assenza del mescolatore nell’impianto (unicità tutta italiana) impedisce che si possano eseguire controlli in fabbrica.
Il viaggio tortuoso del calcestruzzo
Ma le cose, come è noto, nel lungo e tormentato viaggio del calcestruzzo non vanno esattamente così. Prima di compilare una bolla di consegna dove si riportano le caratteristiche del prodotto venduto, sarebbe più serio almeno riportare in bolla le caratteristiche dei materiali caricati in autobetoniera, poiché il materiale finito non è stato prodotto in stabilimento come le linee guida ministeriali (molto velocemente) prevedono, ma solamente caricato in autobetoniera con affidamento della produzione a un terzo soggetto, ovvero gli autisti delle autobetoniere, ormai tutti o quasi padroncini senza nessuna competenza in fatto di produzione e tantomeno di controlli. Il che fa pensare, tra le altre cose, a non pochi illeciti in atto.
Quando il calcestruzzo arriva in cantiere, sempre secondo le linee guida ministeriali, dovrebbe trovare almeno un Direttore dei Lavori che si occupi di effettuare i controlli di ricevimento e il passaggio dal produttore al costruttore che lo prenderà in carico e ne assumerà la responsabilità della posa in opera e stagionatura sotto la sorveglianza e il controllo della stessa DL. Passeranno ora 28 giorni prima di effettuare i controlli finali, quindi a materiale finito, e conoscere finalmente le caratteristiche del calcestruzzo finale che ha viaggiato precedentemente dai produttori delle materie prime, poi dalla fabbrica del calcestruzzo, alle mani del padroncino dell’autobetoniera e finalmente, sotto il controllo del direttore dei lavori, nelle mani di chi lo pone in opera e lo cura per 28 giorni. Un viaggio lungo, vero? Ancora più lungo se si considera che è effettuato senza controllo alcuno e quasi sempre nelle mani di chi non conosce la materia.
L’offerta formativa
L’Accademia del Calcestruzzo nasce proprio per cercare di porre un argine a questo stato di cose; non sarà facile, lo sappiamo, l’abbiamo già sperimentato, non è solo una lotta alla “non conoscenza”, ma e anche una guerra a chi questo stato di cose lo vuole, perché in esso riesce a navigare meglio. L’Accademia non vuole solo creare un tecnologo del calcestruzzo professionale, ma su questa professionalità costruire figure tecniche che mancano al nostro voler ben costruire, come per esempio:
- TECNICO certificatore specializzato in certificazione di cementerie, cave di estrazione aggregati, centrali di betonaggio, prefabbricatori;
- TECNICO per la gestione totale degli impianti di betonaggio;
- TECNICO responsabile della qualità per cave di estrazione aggregati, centrali di betonaggio, imprese di costruzione, prefabbricatori;
- TECNICO COMMERCIALE specializzato per la vendita di calcestruzzo alle imprese di costruzione e promozione dei calcestruzzi presso gli studi di progettazione e direzione lavori.
Queste quattro figure professionali mancano sul mercato e forse proprio questa assenza è la causa principale del mal costruire. Perché il sapere fare e il saper controllare sono il massimo deterrente al mal costruire. Dio voglia che questa mia iniziativa venga condivisa, copiata, divulgata, anche negli altri settori. Noi chiediamo alla scuola di costruirci l’uomo colto, forte della sua cultura, e che sia il mondo del lavoro a completare le sue conoscenze affinché possa entrare a far parte del mondo che produce con la più alta dignità e nel tempo giusto per vivere.
A cura di leStrade
Silvio Cocco – Presidente Fondazione Istituto Italiano per il Calcestruzzo