Esporre criticità e dare corpo a proposte sono una delle chiavi di lettura, un modus operandi intellettuale (e anche pratico), del network di Concretezza, il laboratorio permanente sulla qualità del calcestruzzo che affonda le radici molto lontano, quantomeno dai primi pavimenti industriali in postensione, correvano i primi anni Duemila, e che ha conosciuto un suo snodo cruciale nell’edizione del Castello di Rivalta del settembre 2019, rappresentata anche sulle pagine del Rapporto Concretezza che potete scaricare inquadrando il QR qui sotto.
In questa tappa della nostra rubrica ci soffermeremo, per l’appunto, su una criticità (inquadrabile anche come misfatto) e su una proposta (in questo caso un’idea di sviluppo produttivo, che si è tramutata in concretissimo fatto). La prima è un divertissement agrodolce, più agro che dolce, a dire il vero, che assembla in forma di fantasticheria (ogni riferimento, come si suol dire in questi casi, è puramente casuale) alcune storie (e non sono poche) proferite da addetti ai lavori e rappresentate in una pièce d’invenzione la cui atmosfera ci riporta ai tempi gloriosi dei giornali satirici di primo Novecento, parenti strettissimi di caricature, teatri più o meno di strada, osterie e caffè concerti. Su tutti il Guerin Meschino. Era quella, l’alba della Modernità, ma anche della piena libertà di criticarla, per esempio proprio attraverso la satira, nei suoi aspetti più grotteschi e paradossali, potremmo dire. Esattamente come è nello spirito (satirico) di questa nostra modesta parabola. La seconda, invece, è una vicenda di ricerca e di eccellenza: l’avvio della produzione di prodotti igienizzanti dalle ottime performance da parte di un’azienda dal consolidato know how chimico, nel campo degli additivi per il miglioramento calcestruzzo. Un esempio di concretezza rapidità d’azione e vicinanza a un territorio profondamente colpito dalla pandemia, profondamente legato a questo polo produttivo (e formativo) sempre in costante attività. (FA)
Il Calcestruzzo Meschino (tragicommedia in 3 atti)
Va di scena, all’Osteria della Scapigliatura Cementizia, la tragicommedia in 3 atti dal sopraesposto titolo, non una tantum, ma una ricorrenza, perché di robe così se ne vedono tante, su e giù per il fu-ex-bel Paese.
Basta andare a teatro, guardare e ascoltare. Come facciamo noi che la ospitiamo volentieri su leStrade, anche se avrebbe potuto starci benone anche sul Guerin Meschino, il grande foglio satirico della Milano prima, dopo e durante la Belle Epoque, all’epoca d’oro della caricatura e del caffè concerto. Era anche detto, quel gran bel foglione, il “giornal col titol che se pò minga legg”, perché tutto, per quei geniacci dei suoi scribacchini, doveva essere volutamente sgraziato, capovolto, sottosopra. Come la logica, in questa storia. Che si vada a cominciare!
Chi è di scena
Il Committente, il Progettista, il Direttore lavori (Godot), il Trasportatore, le Maestranze, il Pavimentista Misterioso, il Giudice, il Consulente unico, il Consulente di parte, il Calcestruzzaio Tapino, il Calcestruzzo Meschino, il Pavimento Decrepito.
Atto Primo, tra le polveri del cantiere
Committente – “Allora ingegnere, mi spieghi un po’ il progetto di questo bel pavimentone industriale che stiamo mettendo su nel cappannùn…”
Ingegnere progettista – “Semplice sciur padrun, abbiam fatto un solaio con le travi prefabbricate e le coppelle, poi posato l’armatura e tra poco ci gettano il calcestruzzo, arriva con l’autobetoniera, dieci centimetri, un po’ di tagli per fare i quadrotti ed è finita lì”.
Committente – “Crepe in vista?”
Ingegnere progettista – “Si fidi, si fidi, as-so-lu-ta-mente no. È la regola dell’arte (varia) che lo dice”.
Nel mentre il Trasportatore (di calcestruzzo) giunge in cantiere dove ad accoglierlo dovrebbe trovare il Direttore lavori, il quale però dovrebbe impersonare più sto Godot, perché in effetti non si trova. Perché non c’è.
Trasportatore – “Uè, ho il calcestruzzo, ecco la bolla, tutto conforme, chi fa l’accettazione? Chi fa le prove di voi? Chi esamina i campioni in contradditorio, come prevedono le norme?”.
Maestranze (in coro) – “Risponderem rispolverando i classici: Nessuno… nessuno…com’ebbe a dire l’astuto Ulisse a Polifemo. Perché qui non c’è nessuno. Non v’è sentore del Direttore, e manco in vista è il Pavimentista. Tu fai così: vesti piume di struzzo e dacci il calcestruzzo”.
Mentre il coro si sgola, il calcestruzzo indurisce e allora qualcuno (chi sarà? Chi sarà?) ci mette dentro un po’ d’acqua, così, un tanto al chilo. Ma che volete che sia: pazienza se qualche acciacco si recherà alla resistenza. Ah già, le fibre… belle, quelle. Di solito è meglio che le metta il Calcestruzzaio Tapino, qui però si doveva risparmiare e allora si son prese a parte e qualuno (sì, ma chi?) le ha “appiccicate” dopo…
Maestranze (in coro) – “O nostro sire, eccola comparire… Ma che combina? Così s’inquina… Vabbè che è Misterioso, ma quel che fa non è miracoloso… Altri mutava l’acqua in vino, qui lei (o chi per lei) sta rammollendo il calcestruzzo… povero meschino…”.
Pavimentista Miserioso – “Ssssss, non svelate, non svelate, se no qui a pelar patate finirete. Non turbate l’innocenza di un lavoro di pazienza, che peraltro mi è richiesto dai costumi del contesto”.
Atto secondo, in stabilimento e dintorni, un anno dopo
Committente – “Ingegnere: ci sono le cre-pe!!! Il pavimento è decrepito!!! Aiutooo, aiutooo”
Ingegnere progettista – “Colpa del calcestruzzaio, ci ha fornito del materiale sca-den-te”
Committente – “Sicuro sicuro che il progetto l’era a posto e che il pavimentista ha fatto tutto per benino?”
Progettista – “Si fidi, si fidi, as-so-lu-ta-men-te sì. Me l’ha assicurato, telepaticamente, anche il Direttore lavori…”
Palanche al Calcestruzzaio Tapino per il materiale fornito, intanto non ne arrivano nemmeno per sbaglio, e la cosa finisce davanti al Giudice, il quale ha cinque master in Azzeccagarbuglieria Comparata Mesopotamica ma poco sa di questioni cementizie. Poco male, di queste se ne occuperà il Consulente unico, gran visir del millenario sodalizio dell’Ingegneria Cartacea, il quale di primo acchito convoca le parti in causa e concausa.
Consulente unico – “Esponete, argomentate, insomma dite la vostra”
Progettista – “Il calcestruzzo doveva esser baldo, ma era meschino…”
Consulente di parte (ovvero dalla parte del Calcestruzzaio Tapino) – “Partirei dal progetto, se mi permetto. Quello gettato è stato uno strato, mentre chi è del mestiere di solito sopra ci mette un tessuto non tessuto e poi vi aggiunge un secondo strato. Quello sottostante, come sa chi studia, è lo strato di ripartizione dei carichi, che si può anche minimamente fessurare, perché i carichi agiscono, ma se sopra ho una protezione, le crepe, come le chiama lei, non arrivano nemmeno al pavimento. Mi risulta poi, che lei quell’unico strato l’ha fatto tagliare a quadrotti, così, d’impulso. Capirà bene da solo che un pavimento intero ripartisce meglio di quanto possa fare un quadrotto… Vuole controbattere?”
Progettista – “Lo farò, ma in altra sede, ci si vede, ci si vede (forse)…”.
Intanto si fanno le prove: le carote evincono resistenze non conformi al promesso e il Committente ne approfitta subito per contestare ulteriormente la partita di materiale. Ma dalle prove, emerge anche che il peso specifico delle carote è sempre diverso: significa che il materiale è stato annacquato. E mai nello stesso modo.
Consulente di parte – “L’oste ha portato il vino buono, gran bel vitigno, superbo barrique. Poi qualcuno ci ha messo l’acqua del rubinetto, della borraccia, della vedovella, del termosifone…”
Calcestruzzaio Tapino – “Già, e le fibre, e i controlli, e l’accettazione?”
Committente – “Eh no, questo non l’accetto!”
Consulente di parte – “Forse doveva dirlo prima, perché dell’accettazione non si è vista nemmeno l’ombra… Ma mi piacerebbe sentire, al riguardo, cos’ha da dire il direttore lavori, e poi sulla questione dell’acqua e delle fibre il pavimentista e poi ancora sull’impostazione progettuale lo stesso progettista: eccola qua la sede, ma lui, ahimè, non si vede”
Committente: “Ma il direttore lavori era impossibilitato, il pavimentista affaccendato, il progettista congedato: e poi, in certi casi, meglio (per me) l’assenza della presenza”.
Consulente unico – “Qui quel che conta è che il calcestruzzo è meschino, questo mi sembra di aver compreso, tutto il resto è noia, come cantava non mi ricordo chi. L’acqua c’era, chiara? Fresca? Dolce? Non è dato saperlo, ma ciò mi sembra questione irrisoria anche perché (da me) incompresa. Sì, nella relazione scriverò, in stampatello, che le ragioni sono del Committente…”.
Atto Terzo, sul pavimento
Pavimento Decrepito – “Dimmi, dimmi, amico calcestruzzo, come è andata poi a finire?”
Calcestruzzo Meschino – “Il Giudice si è bevuto la relazione del Consulente unico cartaceo e tutta la colpa me la sono presa io, anzi il mi’ babbo, Mastro Geppetto il Calcestruzzaio Tapino, che ora non so come farà a fare andare avanti la su’ bottega”
Pavimento Decrepito – “Mi duole. Perché io ho visto tutto… il getto in solitaria, gli assurdi quadrotti, l’a catinelle, l’unico che non ho mai visto è stato il Direttore lavori… Ma perché non mi hanno chiamato a testimoniare? Sono proprio a terra!”
Calcestruzzo Meschino – “Che vuoi, il problema l’è l’incultura, la gente nova e i sùbiti guadagni, l’orgoglio a dismisura… Ci vorrebbe un bel bagno di buoni libri e riviste, dal Guerin Meschino in su e in giù… Fatte non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza”.
Pavimento Decrepito – “Ma secondo te, sono davvero così decrepito?”
Calcestruzzo Meschino – “Ovvia, per du’ rughette? Quelle vanno via col fard. L’è la nostra Italia che l’è decrepita, per colpa di tanti, ma proprio tanti, misfatti così”.