Da sempre la nostra azienda si è cimentata, è proprio il caso di dirlo, nella ricerca per raggiungere l’ambito traguardo della durabilità delle opere in calcestruzzo; lo abbiamo fatto creando un istituto di ricerca per poi approdare all’Accademia del Calcestruzzo, l’impegno è stato enorme per una piccola-media azienda come la nostra, ma abbiamo ritenuto indispensabile procedere in questo senso: era la sola strada percorribile. Il mondo intero si sta battendo a favore dell’ambiente, ma nessuno (o pochissimi) si sono soffermati a considerare quanto bene si può fare all’ambiente soltanto posando l’attenzione sulla durabilità del costruire! Noi lo abbiamo fatto, abbiamo puntato tutte le nostre forze ormai da molti anni sulla ricerca, concentrata sul miglioramento della qualità dei materiali e delle relative tecniche costruttive.
La nostra ricerca
Ottenere grande durabilità delle opere significa ridurre le manutenzioni e le demolizioni con le relative ricostruzioni e di conseguenza, oltre alle riduzioni di emissioni di CO2, vi sarebbero anche una riduzione dei materiali da smaltire. Questo significherebbe anche dare un maggior valore alle opere costruite, e ancora avere maggiore disponibilità economiche per tutte le infrastrutture che mancano al nostro Paese per renderlo finalmente efficiente e rispettare l’ambiente che ci circonda.
È da quasi vent’anni ormai che procediamo in questo senso, la nostra ricerca ha raggiunto traguardi ragguardevoli; in questo percorso non ci siamo dimenticati della formazione e a testimonianza di questo vi sono i 350 studenti degli istituti per geometri che durante il periodo pre-Covid hanno frequentato i nostri corsi triennali e ora continuano i corsi via web, o gli attuali corsi dell’accademia per professionisti; e ancora i continui webinar scientifici e oggi finalmente i convegni/seminari formativi in collaborazione con il CNI: la nostra fondazione IIC è diventata nel frattempo provider e oggi è in grado di erogare crediti formativi.
La durabilità
Quest’anno, alle Giornate del Calcestruzzo di Piacenza, abbiamo presentato il nostro micro-betoncino a elevatissima tenacità AETERNUM HTE, un prodotto unico messo a punto per interventi antisismici. I risultati ottenuti ci attribuiscono la Classe 14D, classe che ci consente di realizzare calcestruzzi in assenza di armature in ferro tradizionale. Le sue resistenze e la sua capacità di dissipare energia ne fa un prodotto unico nel suo genere da impiegare anche laddove ci sia la necessità di realizzazioni in spessore sottile di estrema durabilità.
Abbiamo in corso la realizzazione di un software di calcolo per poter progettare e verificare strutture di restauro antisismico con l’AETERNUM HTE. Questo strumento sarà pronto per la distribuzione a fine maggio e verrà messo subito a disposizione di tutti gli studi di Ingegneria strutturale.
Il micro-betoncino AETERNUM HTE è anch’esso figlio del nostro compound AETERNUM, ormai presente sul mercato da 18 anni, compound che ci ha permesso di realizzare tutta una linea di malte da impiegarsi nei vari settori tutte indirizzate alla durabilità: interventi a permeabilità zero, resistente ai cicli-disgelo, a ritiro compensato, a elevatissime resistenze, a reazione pozzolanica e quindi resistenti a tutte le più severe classi di esposizione.
Con il GIC 2022 è partito anche il nostro progetto AETERNUMCAL ovvero la presenza sull’intero territorio nazionale di centri di produzione e distribuzione di calcestruzzo AETERNUMCAL: un calcestruzzo speciale, a elevatissime prestazioni, come permeabilità zero a ritiro controllato, alta reazione pozzolanica, resistente ai cicli di gelo e disgelo, resistente alla carbonatazione, ai cloruri, ai solfati e alle più severe classi di sposizione. AETERNUMCAL è un calcestruzzo progettato, qualificato e controllato. La sua produzione è assistita durante tutto il suo percorso: dalla produzione alla posa in opera da tecnici specialistici dell’Istituto Italiano per il Calcestruzzo. Tutto ciò ci consente di proporlo ai nostri clienti coperto da polizza di assicurazione totale. AETERNUMCAL è indicato per ogni tipo di getto in special modo laddove si richieda “qualità per durabilità”.
La durabilità ecosostenibile o meglio, eco-responsabile
Incentivare la produzione di cementi e calcestruzzi di qualità per costruzioni a lunga durata: così il “clima” può e deve cambiare
La sostenibilità ambientale passa soprattutto attraverso il fattore durabilità. Un tema non nuovo, ma prepotentemente tornato alla ribalta in epoca di ripartenza e resilienza, che è poi la capacità di rispondere alle sollecitazioni dei contesti nel tempo, dunque presupponendo una lunga durata. Di sostenibilità ambientale modernamente intesa si parla fin dall’inizio degli anni 2000. È il Terzo Millennio, infatti, che apre le porte a visioni di futuro non più “strumentalizzate”, ma orientate al bene comune, di oggi e soprattutto domani, a sostegno delle nuove generazioni.
L’inizio del Millennio, ancora in prevalenza epoca di teorie, vede affermarsi tra gli altri un concetto importante: l’innovazione è parte integrante della moderna eco-sostenibilità. E le buone pratiche? A mio parere, iniziano a formarsi nel momento in cui alla sommatoria virtuosa Ambiente + Innovazione si aggiunge un terzo fattore, proprio quello della Durabilità.
Sostenibilità (ecologica, ma anche economica) uguale Ambiente + Innovazione + Durabilità.
Nel campo delle costruzioni il traino che avrebbe portato a nuove e buone pratiche è il concetto di “prolungamento della vita utile”, correlato a quello di “incremento prestazionale”. Le mete da perseguire diventano così le opere perfette ed eterne: come quelle degli Antichi Romani.
La ragione per la quale, proprio all’inizio degli anni 2000, insieme a un team di tecnici bravi e rigorosi ho fondato un Istituto che si occupasse di studiare il calcestruzzo, trova origine in questa duplice finalità, e uno dei suoi più grandi successi è consistito proprio nell’aver sviluppato una soluzione come Aeternum, pienamente comprovata da centinaia di applicazioni, in grado persino di superare i risultati della “pietra romana”, quella che ci ha lasciato pressoché intatti – dopo un paio di millenni – ponti, strade e acquedotti.
Ora mi concentrerò su due domande. La prima me la sono posta nel 2004, all’inizio delle ricerche del progetto Aeternum. È una domanda che nasce da un approccio culturale, a mio parere fondamentale in ogni “visione di futuro”.
- Come hanno fatto gli antichi romani a costruire opere così durevoli e performanti? E quale lezione possiamo trarne?
La seconda domanda, invece, ci proietta dentro il futuro. Ed è la seguente:
- Che cosa dobbiamo fare, oggi, per creare un circolo virtuoso che alimenti la futura sostenibilità?
Partiamo dalla risposta alla prima domanda. I Romani hanno realizzato opere impiegando prevalentemente pozzolana, materiale che si combina perfettamente con la calce libera formando dei Sali insolubili resistenti alla carbonatazione ed agli agenti aggressivi ambientali (dannosi per le strutture). All’inizio del Millennio abbiamo trovato i degni sostituti della pozzolana – le nanomolecole di silice – e, di fatto, “replicato” lo schema dei Romani. Eliminando la calce libera dal calcestruzzo abbiamo così eliminato il principale veicolo di carbonatazione: ogni molecola di CO2 che “bussa alla porta”, in pratica, viene completamente disinnescata. Questa è stata l’idea di partenza, un’idea nata dalla cultura. Il suo sviluppo è un compound di additivi, Aeternum, che rende il calcestruzzo addirittura più performante della pietra romana. Questa tipologia di materiale, infatti, che è totalmente impermeabile non solo all’acqua, ma anche all’aria; è già stato impiegato con successo in pavimentazioni industriali, ponti, gallerie, banchine marittime, canalizzazioni e molte altre opere costruttive, divenute intrinsecamente ad alta durabilità. Grazie alla ricerca, allo sviluppo e a una visione che ha saputo guardare alle migliori pratiche della storia costruttiva dell’uomo, a partire da quella romana, il calcestruzzo impermeabile, dunque, esiste da quasi 18 anni ed è un veicolo di durabilità, proiettato pienamente nel futuro. Ed eccoci alla seconda risposta. Oggi le questioni del clima e della tutela dell’ambiente sono al centro delle politiche di istituzioni e industria. Il calcestruzzo non sfugge a questa attenzione dal momento che un suo componente, il cemento, notoriamente produce anidride carbonica.
Alcune politiche da tempo in atto hanno insistito su una misura come la Carbon Tax sulla produzione del clinker, a sua volta componente base del cemento.
Ma qual è il principio ispiratore di un provvedimento del genere?
Non l’obiettivo a lungo termine di una riduzione delle emissioni a beneficio delle future generazioni, dal momento che insistere sul “maggior costo” non solo non è un fattore deterrente sul piano della tutela ambientale, ma si traduce in un atto che innesca un vero e proprio circolo vizioso. Maggiorare il costo del clinker significa semplicemente far pagare più caro alla collettività cemento, calcestruzzo, esecuzione, gestione dell’appalto.
E la qualità? La qualità, in questo contesto di catena poco lungimirante, non è contemplata e tanto meno incentivata.
Esattamente come la nostra cara e tanto agognata sostenibilità.
Viceversa, mettere in primo piano il fattore durabilità (connaturato con quello di qualità costruttiva), significa attuare una grandiosa operazione ecologica. Se un ponte o un tunnel può durare 200-300 anni, per questo lasso di tempo non dovremo demolirlo e ricostruirlo e, se l’opera sarà stata realizzata con tutti i crismi della qualità, anche la manutenzione potrà essere ridotta al minimo. Se è vero che nel passato il concetto di “vita utile” applicato al calcestruzzo non era prioritario (mentre oggi nella progettazione questa sensibilità è mutata), è altrettanto vero che l’opinione tecnica comune assegna alle costruzioni cementizie una vita utile di 50 anni. Estenderla a 300 anni significa automaticamente “risparmiare” 5 operazioni di demolizione e ricostruzione, incluse asportazioni di materiali, trasporti e smaltimenti. Cinque “grandi opere” non sarebbero più necessarie, con annesso impiego di materiali costruttivi quali il cemento e la conseguente produzione di CO2.
Un esempio: il fattore tra utilizzare Aeternum HTE e un calcestruzzo tradizionale è 1:18 (cioè si ridurrebbe l’emissione di CO2 di 1/18). Costruire quindi meno, ma costruire meglio!
Qualità Circolare
Il circolo virtuoso, dunque, si può innescare solo puntando sulla durabilità, intesa come dono consapevole alle generazioni future.
Tecnicamente è possibile e gli esempi non mancano. Tra questi, vi sono i nuovi attraversamenti ferroviari alpini i cui tunnel sono stati progettati per avere una vita utile di 200 anni. Siamo sul piano dell’eccellenza tecnica, ma è proprio questo il faro da seguire, insieme a quello della ricerca, dell’innovazione e della qualità. Incentivare la qualità, per esempio, destinando una parte dei proventi ricavabili dalla Carbon Tax alla sua promozione nella filiera delle costruzioni, vorrebbe dire contribuire ulteriormente a generare virtuosità, sicurezza, crescita diffusa. Tutto un altro clima, insomma, rispetto a quello che è destinato a creare l’impostazione attuale. Se la contropartita sono la qualità, la durabilità, la costruzione di opere intaccabili da lasciare in eredità alle generazioni future, allora anche i maggiori costi sarebbero giustificati.
La durabilità ecosostenibile
C’è un filo che lega dunque passato, presente e futuro. Che parte dai Romani, passa per la ricerca di oggi e punta dritto al domani. Ed è il filo della durabilità che esprime piena e solidale sostenibilità. È un approccio in cui è fondamentale fare squadra, essere concordi su obiettivi e metodi. Con l’Istituto Italiano per il Calcestruzzo ci proviamo da anni attraverso la ricerca, ma anche – e soprattutto – attraverso la formazione delle giovani generazioni di tecnici. Un risultato concreto di questo approccio si chiama Aeternum, ma è solo uno dei tanti casi possibili di buone pratiche che ci auguriamo possano essere replicati.
L’innovazione porta sempre valore aggiunto e lo porterà, per esempio, anche nel campo della produzione del cemento, in un contesto di transizione ecologica lungimirante, non miope e penalizzante.
Se osserviamo le cose dall’alto, e il nostro obiettivo è guardare lontano, la fotografia che ne emerge può diventare esattamente quella che abbiamo tratteggiato: un circolo virtuoso che si dispiega nel tempo e cresce passo dopo passo con benefici per le generazioni future. È questo il corretto approccio, a mio parere, di una “disciplina” a cui oggi possiamo dare un nome: la durabilità ecosostenibile.
Accordo per la qualità
IIC e Imprese Pesenti insieme per diffondere il super-calcestruzzo
Formazione, progettazione, produzione, posa in opera, controllo. Ovvero tutto quello che serve per raggiungere l’obiettivo degli obiettivi: la realizzazione di costruzioni di alta qualità, durevoli ed ecosostenibili. Un esempio recente e molto “concreto” di questa filiera avanzata deriva dall’accordo tra Tekna Chem Group (MB) di Renate Brianza e Imprese Pesenti di Covo (BG) che, tra gli altri aspetti, porterà l’impresa bergamasca a produrre Aeternum CAL, ovvero il calcestruzzo contenente il compound Aeternum, nonché a distribuire tutti i prodotti della linea Aeternum, dal compound stesso alle malte, attraverso un centro di stoccaggio allestito presso la sede.
Imprese Pesenti, ricordiamolo, è un’impresa di costruzioni che sovrintende all’intera filiera del construction, dagli scavi alle produzioni. Tra i suoi capisaldi culturali: il rigore, la qualità e l’innovazione, in particolare nel campo dei materiali e delle tecnologie, di qui il “feeling” storico con Tekna Chem e con l’Istituto Italiano per il Calcestruzzo, i cui tecnici, tra l’altro, il 30 ottobre scorso hanno tenuto proprio agli autisti di autobetoniere di Imprese Pesenti un apprezzatissimo corso di formazione a Romano di Lombardia.
A proposito di formazione, anche i nuovi specialisti di “Aeternum” di Imprese Pesenti verranno adeguatamente formati dagli esperti IIC, anche in ragione del fatto che i tecnici-commerciali proporranno queste soluzioni non solo alle imprese, ma anche a stazioni appaltanti e progettisti, coinvolgendo dunque tutti gli attori del processo costruttivo durevole ed ecosostenibile, dai decisori agli esecutori, secondo quel principio della “catena della qualità” che costituisce la spina dorsale culturale del progetto Concretezza.
Il punto di partenza resta dunque sempre quello della formazione, da associare costantemente ai fattori progetto, produzione, posa in opera e controllo.
IIC e Imprese Pesenti lo fanno da sempre, da oggi sempre più insieme.