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Una luce nel mondo del buon costruire tra opere compiute e recuperate

Tempo di lettura: 6 minuti

Una luce nel mondo del buon costruire tra opere compiute e recuperate

Dalle autostrade del boom agli albori della prefabbricazione, dai compositi a matrice rigida alle soluzioni per il recupero strutturale di edifici e opere pubbliche. Sono solo alcune delle “medaglie” di Filiberto Finzi, ingegnere aeronautico e tecnologo sul campo e a tutto campo. L’ultima onorificenza: un premio ideato dall’IIC conferito nell’ambito della rassegna bolognese #x1FIORdiCALCESTRUZZO.

Una vita per il calcestruzzo. O contro il medesimo, dipende dai casi. Il pro è per quello buono, ben fatto, innovativo, capace di durare. Il contro è quello che si degrada, che va a pezzi, che mette a rischio la nostra sicurezza e, talvolta, persino la nostra vita. Quella di Filiberto Finzi, ingegnere aeronautico che ha “volato” e tuttora vola tra mille passioni tecniche, è stata premiata al SAIE di Bologna, il 17 ottobre scorso, nell’ambito della rassegna convegnistica organizzata dall’Istituto Italiano per il Calcestruzzo e intitolata #x1FIORdiCALCESTRUZZO. La sua premiazione (“Una luce nel mondo del buon costruire”, prima edizione assoluta) è avvenuta dopo un appuntamento incentrato sul tema dell’incontro tra lavoro e scuola, in cui sono intervenuti imprenditori e presidi, nonché i responsabili massimi dell’educazione e della formazione (gli insegnanti) e, accanto a loro, i responsabili dell’inserimento in azienda: i manager delle risorse umane. Per quelle “marziane”, invece, si consiglia di rivolgersi proprio all’ingegner Finzi, il cui percorso, all’interno del mondo del calcestruzzo e non solo, è di quelli che meritano di essere studiati, dagli studenti e non, con la massima attenzione.

Il geom. Silvio Cocco con l’ing. Finzi, il 17 ottobre a Bologna
Il geom. Silvio Cocco con l’ing. Finzi, il 17 ottobre a Bologna

 

DALLE AUTOSTRADE DALLA PREFABBRICAZIONE

Finzi, milanese, classe 1938, mentre ancora squillano le bombe all’anomala età di 4 anni varca per la prima volta la soglia di una scuola. È il figlio di Bruno, noto matematico e ingegnere, e l’ultimo di quattro fratelli (tra cui Leo, già ordinario di Scienze delle Costruzioni al Poli tecnico di Milano). Più tardi, diventerà il marito di Amalia Ercoli, la prima donna nel nostro Paese a laurearsi in ingegneria aeronautica (oggi è professore emerito sempre al “Poli” e, tra le altre cose, consulente delle agenzie spaziali Esa e Asi), che assumerà il secondo cognome (Finzi) proprio a seguito delle nozze con Filiberto, stessa laurea, nel 1961, e analoga “passionaccia” per il nuovo che avanza e di cui si vuole, intelligentemente, nutrire.

Il boom, però, qui da noi non riguarda aerei e industria retrostante, ragion per cui Finzi inizia a lavorare per la Società Idroelettrica Alpina, partecipata de La Centrale, entrando nel cuore dello sviluppo delle autostrade di seconda generazione. Il contesto è quello dei cospicui e variegati investimenti resi possibili dall’avanzata dell’Enel, e, per l’appunto, del “boom autostradale” che sul fronte pubblico avrebbe condotto alla realizzazione dell’Autosole. Finzi lo vive sul versante dei “privati”, occupandosi di impianti, di ventilazione per gallerie e anche di opere civili, “essendo pur sempre ingegnere, anche se aeronautico”, aggiunge lui, con relative questioni costruttive e di dimensionamento.

L’entusiasmo del pioniere, però, presto viene frenato da una serie di incagli politico-burocratici, che mettono un primo freno al settore. È il 1963. Ed è il tempo dell’incontro epocale con Riccardo Meregaglia, che con la sua MBM (dalle iniziali Meregaglia Balency Morganti) stava per dare a Milano e all’Italia quelle “case fabbricate”, benzina e al tempo stesso motore della crescita del nostro caro Stivale.

Per la MBM, Finzi gira il mondo a caccia di esperienze realizzative, all’inseguimento di un lessico che sarebbe stato prezioso per sviluppare un’autentica nuova industria delle costruzioni incentrata non sul ferro, affare di Stato, bensì sul cemento armato e sul calcestruzzo. Lo stesso al centro della rassegna IIC di Bologna 2015. Inizia qui l’epoca della prefabbricazione e dei relativi stabilimenti, sviluppati in Italia e all’estero.

Poi, dopo una breve esperienza alla SCAC di Milano, Finzi trova un nuovo partner d’eccezione nella famiglia Magnetti, con cui negli anni Settanta dà vita all’esperienza di Larco System (edifici industriali, commerciali e civili).

 

L’INVASIONE DEI COMPOSITI A MATRICE RIGIDA

Correvano gli anni Ottanta. Finzi, in cerca di nuovi stimoli tecnico-ingegneristici, si separa (“Molto amichevolmente”) dal gruppo Magnetti e riprende a girare per il mondo, non per “studiare” come ai tempi di Meregaglia, ma per fare, costruire, fabbricare, prefabbricare. Sono gli anni della “conquista” dell’impero portoghese, Lusitania, Brasile, Angola…, e soprattutto dei compositi a matrice rigida, impiegati per esempio per il rivestimento del centro commerciale Obra Colombo a Lisbona o, caso scuola, per la realizzazione delle torri della telefonia mobile in Brasile.

“Vorrei sottolineare – spiega oggi l’ingegner Filiberto Finzi a COSTRUZIONI – accanto al ruolo decisivo della tecnica, quello altrettanto importante di un contesto di normazione come quello portoghese, che è basato sulla prova effettiva della bontà delle soluzioni adottate. Faccio un esempio: la normativa lusitana sulle costruzioni prevede che tutto quanto non sia regolamentato dalla medesima, deve essere autorizzato dal Laboratório Nacional de Engenharia Civil”.

“Quando ho iniziato a produrre calcestruzzo leggero precompresso, in Portogallo – prosegue l’ingegner Finzi – sono stato personalmente affiancato, nell’operazione, da tre cattedratici incaricati dal Laboratório che mi hanno seguito passo passo in ogni fase del ciclo produttivo, verificando sul campo i risultati.

Soltanto dopo aver sostenuto quell’‘esame – che è risultato effettivo, condiviso, vissuto e misurato – sono stato pienamente accreditato, potendo produrre e innovare”.

Dove? Proprio sul terreno, per esempio, dei calcestruzzi strutturali e dei compositi a matrice rigida, la cui quantità totale si aggira intorno a 7-8 milioni di metri cubi, mentre la cui qualità si può misurare nei “comportamenti”, nel tempo, delle opere realizzate.

Sfondellamento di un solaio in latero-cemento lungo il corridoio di una scuola
Sfondellamento di un solaio in latero-cemento lungo il corridoio di una scuola

 

BATTAGLIA CONTRO IL DEGRADO

“Recuperare per durare: la missione contro degradi ed errori storici”. Il titolo dell’intervento dell’ingegner Filiberto Finzi nel corso della rassegna IIC di Bologna ci accompagna dentro un’altra questione cruciale, ovvero proprio quella del comportamento, più o meno “accettabile”, delle strutture in cemento o calcestruzzo. Dagli anni Ottanta a questa parte, infatti, Finzi lavora sul degrado, formulandone leggi e misura, e soprattutto sulla sua prevenzione e ripristino, a vantaggio della durabilità delle opere e della sicurezza di chi le fruisce. Il primo macroscopico caso di recupero, in questo ambito, è quello di una torre del quartiere Gratosoglio, a Milano. Quindi, nel 1985, ha preso avvio una ricerca sul degrado degli edifici condotta per Regione Lombardia che ha portato, tra l’altro, all’“incriminazione” di una tipologia di materiale cementizio utilizzato negli anni ’30. Quindi, la fine di quello stesso decennio registra la nascita del laterizio, mentre anni dopo ecco il latero-cemento, materiale princeps nella realizzazione dei solai degli anni ’60 e ’70. Con una conseguenza decisamente critica: lo sfondellamento dei medesimi. Finzi, da parte sua, prevede il fenomeno che puntualmente si presenta all’appuntamento. “I primi significativi interventi di messa in sicurezza – ricorda oggi – li abbiamo effettuati nelle scuole di Como negli anni Ottanta, ‘inventando’ letteralmente il sistema della rete da pescatore: ovvero un adeguato reticolo in acciaio Inox opportunamente ancorato al soffitto che preservasse da eventuali distacchi di materiale. È stato importante adottarla, perché in alcuni casi i distacchi sono effettivamente avvenuti e noi… ‘abbiamo pescato i pesci’”. Dopo Como, anche altre province lombarde hanno adottato questa soluzione di messa in sicurezza, per le scuole così come per le case di riposo o altri tipi di edifici. Una storia simile è poi quella delle scale in beola, che a Milano oggi devono avere necessariamente il “paracadute”, un sistema di safety ispirato dallo stesso Finzi.

 

OPERE PUBBLICHE RECUPERATE

Un ultimo, ma non ultimo come si suol dire, ambito di intervento dove una vita spesa per accendere una luce nel mondo del buon costruire può realizzarsi compiutamente è quello delle opere pubbliche, come i ponti e i viadotti. Qui, un sommo esempio di missione impossibile, ma alla fine compiuta, contro il degrado è stato quello del recupero del cavalcavia Bacula, più noto come ponte della Ghisolfa, a Milano, “violato” negli elementi terminali a causa di un movimento della trave non assorbito dai giunti, nonché nelle pile (almeno una quarantina su 105…) per via del cedimento, sotto i colpi del cocktail acqua-cloruri, del pluviale in ghisa, nonché del copriferro in calcestruzzo.

Dei problemi generati da questo specifico caso, Finzi ha parlato in ripetute occasioni, tra cui un seminario sul decennale delle pavimentazioni post-tese tenuto nel febbraio scorso nella nuova Aula “Quinto Cocco”, presso la sede di Renate Brianza dell’Istituto Italiano per il Calcestruzzo. La soluzione è consistita in un complesso intervento “chirurgico” manutentivo, che ha scongiurato comunque la demolizione, a base di soluzioni tecniche avanzate (per esempio nuovi reti in acciaio Inox) e procedure esecutive intelligenti (intervento a pilastri alternati, per continuare a sostenere il traffico). La buona pratica, comunque sia, molto ci rivela sulla situazione in cui versa il nostro patrimonio infrastrutturale e, soprattutto, deve spronare i gestori a mettere in pista seri piani di recupero. Che possono avvalersi, per esempio, anche in soluzioni innovative intrinseche al calcestruzzo stesso, per esempio sul fronte dell’additivazione.

A Bologna, per esempio, contestualmente alla rassegna IIC, è stato presentato il sistema Aeternum CAL di Tekna Chem, di cui ci siamo già occupati. I suoi obiettivi (raggiunti): efficienza e durabilità. Essenza di un autentico “fare” – alla lusitana, potremmo dire con l’ingegner Finzi – da contrapporre, anche e soprattutto culturalmente, al “disfare” sempre imperante.

Cavalcavia riqualificato
Cavalcavia riqualificato

 

Fabrizio Apostolo
Costruzioni | Ottobre 2015

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