La sostenibilità ambientale? Passa anche e soprattutto attraverso il fattore durabilità. Il tema è caldissimo, nelle politiche e nelle strategie, italiane e internazionali. Un tema non nuovo, per i tecnici avveduti, ma oggi prepotentemente tornato alla ribalta in epoca di ripartenza e “resilienza”, che è poi la capacità di rispondere alle sollecitazioni dei contesti nel tempo, dunque a lunga durata. La nostra rivista ha iniziato a parlare, attraverso degli approfondimenti ad hoc, di sostenibilità all’inizio degli anni Duemila, seguendone le evoluzioni teoriche ma anche pratiche.
Già, perché in un’epoca complessa e interrelata è sempre più che opportuno costruire “ponti” o “link” tra gli oggetti del discorso, nonché di accendere i riflettori su chi la sostenibilità non si limita a raccontarla (o che spesso, anzi, per pudica serietà la tiene sottotraccia), ma la realizza, la costruisce.
Il fattore tempo
Lavorare sul fattore tempo. E sulla vita utile delle opere, per prolungarla, per renderla “eterna”. È quello che fanno, nel campo dei materiali cementizi, gli specialisti dell’Istituto Italiano per il Calcestruzzo, che negli stessi anni di inizio Millennio in cui iniziavamo a raccontare la sostenibilità, si rimboccavano le maniche e passavano giorni e notti a studiare l’“elisir di lunga vita” del materiale. Oggi, siamo vicini ai vent’anni di applicazioni di successo, sia nel campo delle pavimentazioni industriale sia in quello delle infrastrutture, del compound-esito di quell’intenso lavoro: la linea Aeternum. “A quel tempo ci eravamo chiesti – ha spiegato Valeria Campioni, Direttore Tecnico di IIC, nell’ultimo webinar Egregio Calcestruzzo – come fosse possibile eliminare la calce dal calcestruzzo, eliminando dunque il principale agente del processo che porta alla car- bonatazione. Lavorando su questa idea, abbiamo sviluppato un compound che poi si è rivelato eccezionale anche per garantire la totale impermeabilità del materiale. Un insieme di additivi capaci di combattere alcune precarietà del calcestruzzo. Andava introdotto, innanzitutto, un elemento reattivo che catturasse la calce: non la pozzolana oggi troppo costosa e reperibile solo in poche località, bensì delle silici reattive che provengono dalla lavorazione dell’acciaio, silicafumi, fumi di silice, che hanno subito la fusione totale e il raffreddamento rapido, e presentano un’altissima reattività con la calce libera. All’inizio si trattava di un prodotto microlecolare, poi abbiamo puntato anche su una soluzione ancora più nobile ed efficacie: nanomolecole di silice. Da un mix dei due prodotti abbiamo ottenuto il risultato atteso: catturare tutta la calce libera immediata e sviluppata in un processo di più mesi. Avevamo raggiunto lo stesso risultato dei Romani, ma senza pozzolana! Eliminando la calce nel calcestruzzo, ogni molecola di CO2 che fosse entrata sarebbe stata subito disinnescata…”.
Nel compound poi, ha aggiunto Silvio Cocco, presidente IIC, “per ridurre il rapporto acqua-cemento, riducendo le porosità, abbiamo introdotto un tensioattivo molto potente che fornisse anche una bagnabililtà dell’acqua elevatissima.
Quindi abbiamo aggiunto un iperfluidificante in polvere di ultima generazione, nonché degli espansivi per evitare eventuali microritiri, un incrementatore chimico delle resistenze e un impermeabilizzante di massa. Ecco il nostro Aeternum: un insieme di più additivi presenti in maniera bilanciata e collaboranti tra loro, un equilibrio perfetto. L’abbiamo usato nelle pavimentazioni industriali, sui ponti, nei conci delle gallerie. Grazie all’Aeternum il calcestruzzo diventa impermeabile all’acqua e all’aria e quindi durevole”.
Dalle idee, alla ricerca all’innovazione
Se nulla entra, nulla distrugge e nulla si degrada. Un po’ come è accaduto alle grandi opere romane, che sono in buona parte tutte lì da ammirare. Impiegare il compound Aeternum nelle costruzioni in calcestruzzo significa dunque assicurarne la massima durabilità, il che oggi, come anticipato in premessa, vuol dire anche garantirne la più elevata (e concreta) sostenibilità ambientale. Ascoltiamo sul punto ancora Silvio Cocco: “Allungare la vita utile delle opere in calcestruzzo è un’operazione epocale, ma già attuata e dunque replicabile, che va letta nel lungo periodo: così facendo, per portare solo un esempio, la manutenzione sarà minimizzata, non si faranno rifacimenti e dunque si consumerà meno cemento. Tempo fa abbiamo partecipato a un progetto innovativo finalizzato alla realizzazione di conci per grandi tunnel ferroviari che garantissero una vita utile di 200 anni. L’indicazione è arrivata direttamente dalla stazione appaltante, il che ci rassicura su determinati trend in atto, quantomeno nei contesti più avanzati, che vanno proprio nella direzione della massima qualità e durata nel tempo”.
Opere in cls: vita utile 200 anni uguale massima eco-sostenibilità
“Se oggi le eccellenze del settore ragionano sulla ‘prospettiva 200 anni’ e noi abbiamo tutti gli strumenti per centrare questo obiettivo, anzi, addirittura per superarlo, non possiamo che auspicare che il tema riceva nuova linfa proprio per la rinnovata attenzione ai contesti ambientali, e dunque alla sostenibilità connaturata a questo approccio alla durabilità”. Con Aeternum, chiosa Cocco, si evitano “le demolizioni, i rifacimenti, le movimentazioni e lo smaltimento dei materiali, nonché il consumo dei medesimi, per esempio del cemento. E dunque si attenuerebbe anche la produzione di anidride carbonica. Se guardiamo le cose dall’alto e il nostro obiettivo è guardare lontano, la fotografia che ne emerge è esattamente questa”
Oggi, spiega Cocco, un manufatto realizzato con Aeternum garantisce una vita utile che può andare anche oltre i 200 anni. La tecnologia è pienamente consolidata, come attestano i centinaia di esempi già sul tavolo e che la nostra rivista ha più volte raccontato. “Lo spirito del tempo – conclude il fondatore e presidente dell’Istituto – ci dice che dobbiamo fare le cose sempre meglio e puntando sull’altissima durabilità. È questo il faro, per esempio, della nostra ricerca, in certi casi punta a ‘togliere’ piuttosto che ad ‘aggiungere’, pensiamo per esempio all’impiego delle fibre al posto delle armature di ferro in determinati contesti applicativi. L’innovazione tecnologica frutto della ricerca oggi migliora i materiali, restituendoci un mondo nuovo, più resistente, durevole e dunque sostenibile”.
“Il calcestruzzo a permeabilità zero si può fare (lo facciamo da 17 anni)”
Ma il calcestruzzo intrinsecamente e totalmente impermeabile si può fare, oppure no? E sbagliano davvero quei progettisti che, nel tentativo di risolvere le problematiche di permeabilità, puntano a realizzare fin dall’inizio della concezione dell’opera strutturale dei “blocchi monolitici”? Parte della tecnica contemporanea ha già risposto “no” alla prima domanda e “sì” alla seconda. Al limite, come è stato suggerito anche in recenti occasioni di divulgazione, il copriferro può essere protetto da rasanti idrorepellenti che riducono ai minimi termini la permeabilità, senza però raggiungere l’obiettivo della “penetrazione zero”: si è parlato e si parla, piuttosto, di “bassa permeabilità” classificando scetticamente alla voce “miracoli” eventuali casi di penetrazione zero. Quanto alla seconda risposta, affermativa secondo taluni, un’opzione da perseguire riguarderebbe l’adozione del concetto del “multistrato”, da parte dei progettisti, fin dall’inizio della concezione dell’opera e non soltanto negli interventi di manutenzione finalizzata al prolungamento della vita utile.
L’Istituto Italiano per il Calcestruzzo, sulla base di un’esperienza di ricerca e sviluppo lunga 17 anni ha dato recentemente alla nostra testata risposte del tutto opposte. Sì, il calcestruzzo impermeabile si può fare. Anzi, meglio, si fa da oltre tre lustri con molteplici esempi. No, i progettisti non sbagliano: il progetto che si abbevera alla fonte dell’innovazione, della ricerca, della cultura e della formazione può legittimamente puntare a concepire e concretizzare un calcestruzzo impermeabile in sé e per sé.
L’Istituto: smentiti gli scettici grazie ai frutti della ricerca
Sì può fare, dunque, e non c’è nulla di miracolistico, perché c’è una storia comprovata dai dati e dalle esperienze svolte sul campo, dal settore dei pavimenti industriali a quello delle infrastrutture (ponti stradali, ferroviari, gallerie, canalizzazioni, opere marittime). “Nei dibattiti degli ultimi tempi – spiega Silvio Cocco, presidente dell’Istituto Italiano per il Calcestruzzo -, penso a quanto emerso, per esempio al recente SAIE di Bari, c’è stato un grande dimenticato, ed è il nostro AeternumCAL, il calcestruzzo realizzato con il compound Aeternum, risultato di 17 anni di ricerca e sviluppo. Certamente, dire che il calcestruzzo impermeabile è un miracolo, o un impossibilia, potrebbe essere una considerazione anche valida, se ci aggiungessimo la frase ‘quello fatto male’. La nostra storia attesta che un calcestruzzo impermeabile è più che possibile. Si può fare. L’abbiamo fatto più volte. Sulla base di un percorso di ricerca rigorosissimo e avanzato, partito da domande ben preciso e giunto a risposte di grande funzionalità”.
La risposta dell’innovazione si chiama dunque AeternumCAL, il calcestruzzo con il compound Aeternum, che oggi potrebbe rivelarsi veramente un toccasana si vuole puntare, come è orientamento generale, sulla durabilità delle opere. La sua strada porta a ben tre mete, in una volta sola: l’impermeabilità totale, la durabilità anche a 200-300 anni e, contestualmente, la sostenibilità ambientale, come abbiamo illustrato nell’articolo di apertura di questo dossier. “Aeternum – aggiunge Cocco – nasce nel 2004 dall’idea di realizzare un calcestruzzo durabile, nonché di eliminare i giunti nelle pavimentazioni industriali e la calce dal calcestruzzo. Per fare questo siamo partiti dalle basi, dalla cultura e da una domanda: perché il calcestruzzo di Roma Antica non si è rovinato nel tempo? Abbiamo preso conoscenza che la pozzolana dei Romani si mangiava tutta la calce e che quindi l’anidride carbonica non entrava in contatto con la calce e, dunque, non faceva danni.
Abbiamo trovato i sostituti della pozzolana e anche migliorato il processo: l’AeternumCAL di oggi è molto più performante del calcestruzzo romano. Quei residui di calce che possono essere prodotti nel processo di idratazione sono stati bloccati all’ingresso, perché abbiamo reso il calcestruzzo impermeabile all’acqua, ma anche all’aria. E abbiamo anche aumentato le resistenze meccaniche”.
Tre obiettivi raggiunti in un colpo solo
Tre obiettivi raggiunti in un colpo solo, dunque, ultimo ma non ultimo, la sostenibilità ambientale: “Oggi, come è noto, si sta disputando, in maniera confusa ma forte, sulla questione del clima e della tutela dell’ambiente. Il calcestruzzo ha un componente, il cemento, che è il maggiore ‘produttore’ di anidride carbonica: 1 kg di cemento equivale, semplificando e a detta di molti, a 1 kg di anidride carbonica. Combattere questa battaglia malamente, e non intelligentemente, difficilmente porterà a ridurre l’attuale produzione di cemento: oggi peraltro siamo ai minimi termini, negli ultimi anni si è perso il 70% della produzione e andare sotto significa far fallire tutta la catena…. Cosa fare per il futuro? I dibattiti sugli obiettivi sono a lungo raggio, ulteriori riduzioni massive non riguardano domani. In un Paese europeo stiamo costruendo un enorme serbatoio che dovrà contenere navi intere di carbone in arrivo dalla Cina. Se l’Enel in Italia ha smesso di produrre energia con il carbone, alle porte di casa nostra si costruiscono contenitori di carbone. Noi vogliamo fare una battaglia per ridurre le quantità di anidride carbonica. Come? Con dei calcestruzzi ad altissima durabilità. Oggi, si assegna ai calcestruzzi una vita utile di 50-60 anni: i nostri hanno una durabilità 200-300 anni. Il che vuol dire che potrei evitare 4-5-6 demolizioni e smaltimenti con relative problematiche. Costruire puntando sulla durabilità è dunque un aiuto fondamentale al futuro e alla sostenibilità. Inoltre, il nostro approccio prevede un largo impiego di materie prime seconde che, se non venissero utilizzate da noi, verrebbero smaltite nell’ambiente”.
La voce chiara di un tecnologo
“Nella mia attività di tecnologo in partnership con Tekna Chem – è la voce dell’architetto Stefano Lancellotti – cerco di sensibilizzare e orientare i progettisti sulle corrette modalità di progettazione (ed esecuzione) delle strutture in calcestruzzo armato, attraverso la conoscenza del materiale calcestruzzo, nella sua interezza.
Sappiamo che l’unica strada che porta alla durabilità del calcestruzzo è l’eliminazione delle porosità innescanti il processo di degrado, proposito ottenibile o attraverso il massiccio aumento del copriferro oppure, semplicemente, riducendo il rapporto acqua/cemento! Se l’aumentare il copriferro rimanda nel tempo l’inevitabile degrado, per risolvere definitivamente non ci resta che progettare e confezionare calcestruzzi impermeabili, in cui l’assenza di porosità cancella in un unicum le problematiche di carbonatazione, di corrosione delle armature, di aggressioni di cloruri, cicli gelo-disgelo e sali disgelanti. Diversamente da quanto affermato da molti studiosi del calcestruzzo, confezionare un calcestruzzo perfettamente impermeabile, o meglio a ‘penetrazione
zero’, è possibile!”.
Aeternum – conclude Lancellotti – è un insieme di additivi opportunamente combinati per sfruttare le enormi sinergie che scaturiscono dal sapiente bilanciamento del compound: “A differenza del singolo prodotto cristallizzante, il compound Aeternum è un sistema completo che oltre a rendere totalmente impermeabile all’acqua ed al vapore (aria e gas) un calcestruzzo, ne raddoppia le resistenze (e non le riduce come avviene con i cristalli), ne impedisce i ritiri e lo rende chimicamente resistente. Quindi permeabilità zero, grandissima compattezza, annullamento dei ritiri, perfetta resistenza ai cicli di gelo e disgelo, ottima resistenza all’attacco dei solfati e cloruri, superiore a quella dei calcestruzzi confezionati con cementi CRS solfato resistenti, raddoppio delle resistenze a parità di dosaggio di cemento, senza dimenticare di sottolineare la forte presenza Aeternum di MPS (materie prime secondarie)”.
A cura di leStrade
in collaborazione con Istituto Italiano per il Calcestruzzo – Fondazione per la Ricerca e gli Studi sul Calcestruzzo